Nel periodo delle festività più sentite nella parte orientale del Friuli-Venezia Giulia, un dolce tradizionale riesce a imporsi su panettone, pandoro e colomba, conquistando davvero tutti. Quando arriva il Natale, la Pasqua o qualche altra ricorrenza importante, la gubana prende il centro della scena con la sua inconfondibile forma a chiocciola, ben visibile in ogni fetta. Dentro, una farcitura generosa abbina frutta secca, uvetta, spezie e confettura, il tutto “legato” da un tocco di grappa che evapora durante la cottura. Non è il solito lievitato: il segreto della gubana sta nella perfetta armonia tra gli ingredienti, una tradizione che resiste – anzi, sembra migliorare – col passare degli anni. Per capire meglio questo dolce tipico, abbiamo dato uno sguardo alla sua storia e ai suoi tratti particolari, confrontandoci con alcuni esperti locali.
Come, dove e quando è nata la gubana, il dolce a forma di chiocciola
Chi conosce le Valli del Natisone, in provincia di Udine, sa che si tratta di un’area ricca di influenze culturali, proprio per la sua posizione di confine. Ed è proprio qui che la gubana ha preso forma, diventando un dolce tipico del periodo che va dall’autunno fino alla primavera. Insomma, non è un prodotto d’occasione, ma qualcosa che si richiede e si gusta nel tempo. Addirittura, fonti storiche la citano già nel 1409, quando faceva parte delle 72 portate servite a Papa Gregorio XII durante una visita a Cividale del Friuli. Ancora più interessante: nel 1576 la gubana veniva anche usata come pagamento in natura dai mezzadri ai proprietari terrieri, segno tangibile della sua importanza sociale ed economica.
Il nome deriva probabilmente dallo sloveno “guba”, che significa “piega” e fa riferimento al metodo con cui la pasta lievitata viene arrotolata a spirale intorno al ripieno. Non si tratta solo di un fatto estetico, ma di una tecnica che riflette la complessità delle usanze gastronomiche locali. D’inverno, le cucine si animano apposta per preparare questi dolci, molto attesi nelle comunità di qui. La gubana non è semplicemente un dessert, bensì un simbolo di tradizione e continuità storica che, grazie a questa lavorazione accurata, si mantiene solido nel tempo.

La gubana delle Valli del Natisone e le sue varianti
La gubana fa parte di una famiglia più ampia di dolci arrotolati, tipici di un’area di confine che comprende Friuli, Slovenia e Venezia Giulia. Tra questi, spicca la putizza, assai diffusa soprattutto nelle province di Gorizia e Trieste, conosciuta localmente anche come guban’ca. Entrambe fanno parte della tradizione austro-ungarica dei dolci arrotolati, ma la putizza ha una farcitura più semplice – e, negli ultimi tempi, tende ad avvicinarsi a quella della gubana. La forma è più lineare, una singola spirale che si taglia a fette per la presentazione.
All’interno di questa famiglia c’è pure lo strudel – altro classico arrotolato – e il presnitz, tipico di Trieste, fatto con pasta sfoglia e chiuso a cerchio: un esempio delle diverse tecniche e impasti usati da queste parti. La gubana si trova anche in versione più piccola, chiamata gubanetta, pensata per una porzione singola e veloce da gustare. Chi abita in città magari non la conosce, ma rappresenta un legame interessante tra varie tradizioni nell’area.
A Gorizia la gubana si fa con pasta sfoglia, mentre quella “vera” delle Valli del Natisone usa un impasto lievitato più ricco, modellato a spirale e sottoposto a una seconda lievitazione prima di cuocere: un passaggio che rende il dolce soffice e fragrante, davvero un dettaglio non da poco. Dal 1990 esiste un consorzio che tutela la gubana, garantendo qualità e rispetto della tradizione. Con lo stesso ripieno si preparano anche gli strucchi, piccoli ravioli dolci fatti con pasta frolla o a base di patate, altra specialità molto apprezzata nei dolci friulani.
La gubana del forno Follador di Pordenone
Il forno Follador, a Pordenone, si è ormai affermato come punto di riferimento per la gubana. La famiglia che gestisce questa panificazione è al lavoro dal 1968, conservando – e tramandando – quella ricetta tradizionale che tanto piace a chi la conosce. Oggi la seconda generazione ha introdotto qualche novità tecnica senza stravolgere la sostanza: ad esempio, oltre al lievito di birra, è stato inserito anche il lievito madre. Il motivo? Migliorare la consistenza e ottenere una morbidezza che rende la gubana più vicino agli altri lievitati di alto livello.
La farcitura, d’altra parte, è ricca e perfettamente bilanciata: nocciole, mandorle, noci e pinoli tostati nel burro si mixano con uvetta, zest di agrumi, confettura e aromi come rum, Marsala e vaniglia Bourbon. Un dettaglio spesso trascurato: la farcia riposa per almeno tre giorni. È un passaggio che lascia la frutta secca ben imbevuta e permette agli aromi di esprimersi al meglio mentre la gubana cuoce, regalando un risultato finale armonioso.
La gubana, così preparata, dura a lungo, anche se perdendo un po’ di morbidezza. Una soluzione tradizionale, ormai riscoperta, era una spruzzata di slivoviz – acquavite di prugne – che ridonava al dolce freschezza e un aroma unico. Insomma, un trucco antico che oggi affascina chi cerca un’esperienza più autentica e vuole prendersi cura della conservazione di questo prezioso prodotto friulano.